LA REGOLA DEL TRE - CONSIGLI DI SCRITTURA CREATIVA

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LA REGOLA DEL TRE: UNO STRUMENTO IMPORTANTE PER LA SCRITTURA

La cosiddetta “regola del tre” è più un principio di progettazione cognitiva applicato alla scrittura che una regola vera e propria, per quanto si possa parlare di regole in una materia fluida come la Scrittura Creativa.
Il presupposto teorico è che in molti casi – parole, frasi, immagini, personaggi, movimenti di trama – ritroviamo una struttura tripartita. Non si tratta tanto di applicare in maniera meccanica questa struttura, ma di capire perché il tre è spesso il punto d’equilibrio tra semplicità, ritmo e complessità. 

Partiamo per questo articolo da una riflessione di Sean Glatch su Writers.com, che ci mostra come il tre emerga a tutti i livelli: dalla singola frase alla struttura in atti, passando per battute comiche, slogan pubblicitari, triadi di personaggi e schemi retorici. 

Di seguito, una lettura più tecnica del fenomeno, pensata per chi ha già dimestichezza con gli strumenti di scrittura creativa e vuole usarlo in modo consapevole.

 

Perché il tre funziona: psicologia cognitiva e pattern

Dal punto di vista cognitivo, il lettore lavora in condizioni di memoria limitata. La psicologia cognitiva chiama chunking il processo con cui la mente raggruppa elementi in unità significative per alleggerire il carico della memoria di lavoro. 

Numerosi studi mostrano che gruppi di 3–4 elementi sono spesso una soglia efficiente: abbastanza pochi da essere gestibili, abbastanza numerosi da far emergere un pattern, cioè uno schema ricorrente riconoscibile.

In termini narrativi:

•con un solo elemento non c’è confronto;

•con due elementi hai una semplice opposizione o parallelo;

•con tre elementi nasce una progressione, una micro-sequenza con ritmo e direzione.

La regola del tre sfrutta proprio questa ottimizzazione percettiva. Quando il lettore riconosce un pattern triadico, tende a:

1.memorizzarlo con più facilità;

2.percepirlo come “completo”;

3.aspettarsi che il terzo elemento porti una svolta (conferma o rovesciamento). 

A questo si aggiunge l’effetto di primacy–recency: in una lista, ricordiamo meglio il primo e l’ultimo elemento. In una triade, il terzo posto è un’ottima posizione strategica per concentrare l’impatto emotivo o semantico. 

Livello micro: la frase come laboratorio della regola del tre

Hendiatris: tre parole, un’idea

L’hendiatris (“uno attraverso tre”) esprime un singolo concetto attraverso tre parole coordinate. Esempi canonici:

•“Veni, vidi, vici”

•“Life, liberty, and the pursuit of happiness”

•“Vivi, ridi, ama” 

Dal punto di vista di chi scrive:

•non è solo decorazione: la triade condensa un campo semantico, lo cristallizza e lo rende chiaro.

•funziona quando le tre parole sono: coordinate in peso (nessun termine sproporzionato come lunghezza); e disposte in progressione (astratto → concreto; neutro → emotivo; ordinario → sorprendente).

Quando scrivete e la utilizzate, trattate l’hendiatris come un micro-sistema simbolico. In revisione, chiedetevi:

•Quale idea unitaria questa triade sta cristallizzando?

•L’ordine delle tre parole crea una curva percettiva (crescente, discendente, spezzata) coerente con il tono del passaggio?

Tricolon: parallelismo in tre clausole

Il tricolon è una sequenza di tre segmenti sintatticamente paralleli. È una figura strutturale: tre elementi in parallelo (parole, sintagmi o frasi) per creare ritmo ed enfasi, non deve esprimere un’idea unitaria come l’hendiatris.
Non si limita alle parole singole, ma a frasi o clausole di peso simile. 

Esempio classico:

“Government of the people, by the people, for the people.”

Qui le tre preposizioni modulano e amplificano l’idea di sovranità popolare.
Un buon tricolon:

•mantiene una struttura grammaticale costante, così che il lettore senta un ritmo;

•consente variazioni semantiche: ciascuna clausola aggiunge un’informazione o una sfumatura;

•spesso, allunga o intensifica il terzo elemento, per aumentare l’effetto di “chiusura” o climax. 

Per chi lavora sulla prosa letteraria, il tricolon può essere usato:

•per dare cadenza orale alla frase (importante nelle voci in prima persona);

•per costruire transizioni emotive rapide: tre immagini in successione possono far slittare il tono in poche righe (ad esempio da quotidiano a perturbante).

 

Livello intermedio: battute, slogan, periodi

Retorica: la triade come strumento di persuasione

Nella retorica, i tricoloni compaiono ovunque: discorsi politici, predicazioni, arringhe.
Oltre all’esempio di Lincoln, basti pensare all’uso di triadi nei discorsi di Martin Luther King, in cui serie di tre aggettivi o tre clausole servono a martellare un concetto e a generare applauso. 

Per la scrittura creativa, questo ha un impatto diretto su:

•monologhi di personaggi carismatici o manipolatori;

•voice over, prediche, comizi immaginari;

•dialoghi dove un personaggio usa il linguaggio come arma.

Un esercizio utile: riscrivere un discorso piatto introducendo tricoloni mirati, e osservare come cambia la percezione di autorevolezza.

Pubblicità: massimo impatto nel minimo spazio

Non sorprende che gli slogan pubblicitari adottino triadi: poche parole, alta memorabilità. Lo stesso vale per titoli, sottotitoli, logline. 

Per lo scrittore:

•il titolo di un capitolo o di un racconto può prendere in prestito questa logica;

•la triade può sintetizzare il tema del libro: tre parole-asse che possono ricomparire variate nel testo, generando coesione.

Ecco alcuni esempi pratici di titoli (per capitoli o racconti) che sfruttano la logica della triade. Sono tutti inventati, ma pensati come modelli che puoi adattare.

1. Triadi astratte (tema / atmosfera)

Polvere, sangue, memoria

Suggerisce guerra o trauma: concreto–concreto–astratto. Il terzo elemento apre sul tema profondo.

Ordine, caos, resa

Tre stati di un personaggio o di una società. Il terzo non è soluzione “alta”, ma una scelta umana.

Silenzio, rumore, rivelazione

Adatto a un capitolo in cui qualcosa viene scoperto: i primi due preparano, il terzo è lo scatto.

Paura, desiderio, vergogna

Triade emotiva; funziona bene per narrativa psicologica o erotica non banale.

2. Triadi concrete (oggetti / luoghi / dettagli)

La valigia, la chiave, la lettera

Ogni elemento può essere un oggetto narrativo di quel capitolo. Il terzo (la lettera) è il più “parlante”.

Il ponte, il fiume, il corpo

Perfetto per un noir o un giallo. I primi due creano lo scenario, il terzo introduce l’evento.

Scarpe, pioggia, stazione

Titolo minimo ma fortemente visivo: tre dettagli che evocano movimento/partenza.

Il cane, il balcone, il vuoto

Qui la triade costruisce tensione: due elementi quotidiani, poi una parola carica.

3. Triadi di personaggi o ruoli

Il santo, il vigliacco, il bugiardo

Tre modalità di reagire a un conflitto etico. Può anche riferirsi alla stessa persona in tre momenti.

Madre, figlia, testimone

Il terzo ruolo introduce un osservatore esterno; suggerisce segreti di famiglia o rivelazioni.

Il re, il buffone, il traditore

Triade perfetta per fantasy, storico o allegorico. Ogni figura porta un registro diverso.

L’amica, l’amante, la sconosciuta

Può essere una sola persona vista in tre ruoli, o tre donne diverse legate allo stesso protagonista.

4. Triadi temporali o di percorso

Prima, durante, dopo

Minimalista, ma potentissimo per un capitolo-fulcro (un incidente, una decisione, un lutto).

Promessa, attesa, resa dei conti

Titolo per un capitolo verso il climax: la triade costruisce chiaramente una traiettoria.

Infanzia, inverno, ritorno

Mescola tempo biografico, stagione simbolica e movimento narrativo.

5. Triadi “sporche” (il terzo elemento rompe il pattern)

Qui usi comunque la logica del tre, ma il terzo elemento è di registro diverso, più lungo o spiazzante.

Casa, lavoro, tutto il resto che crolla

I primi due sono neutri, il terzo esplode in colloquiale/drammatico.

Pane, mutuo, rivoluzione

Due parole da quotidiano economico, la terza introduce un salto ideologico.

Lui, lei, quella porta che nessuno apre

Triade che parte “classica” (lui/lei) e poi vira sul simbolico/straniante.

Come usarli operativamente

1.Parti dal cuore del capitolo:

cosa succede davvero (azione) + cosa cambia (emotivo/tematico).

2.Trova tre parole che:

•appartengano allo stesso campo (tutte concrete, tutte astratte, tutte ruoli, ecc.);

•oppure creino una progressione (concreto → emotivo → simbolico).

3.Metti il peso massimo sul terzo elemento:

la parola più forte, più sensoriale, più inattesa o più lunga.

Se vuoi, puoi dirmi genere e atmosfera del tuo racconto o romanzo e posso proporre triadi-titolo mirate per i tuoi capitoli specifici.

 

Commedia: set-up, reinforcement, punchline

La comicità lavora spesso per violazione delle aspettative. Il modello triadico classico:

1.primo elemento: introduce il pattern;

2.secondo elemento: conferma il pattern;

3.terzo elemento: lo rompe (punchline). 

A livello tecnico:

•i primi due elementi devono essere sufficientemente simili da far sentire il pattern;

•il terzo deve essere sufficientemente diverso da creare uno scarto netto (logico, semantico, sociale, di registro).

Per chi scrive narrativa umoristica o dialoghi brillanti, la domanda chiave è: il lettore riesce a “vedere” la serie prima del terzo elemento? Se no, la battuta risulta oscura; se sì, il salto ha spazio per produrre piacere cognitivo.

 

Livello macro: personaggi e struttura narrativa

4.1 Triadi di personaggi

Molti testi memorabili organizzano il cast principale in triadi: i tre porcellini, i tre moschettieri, le tre Parche, Frodo–Sam–Gollum, e così via. 
Per un autore avanzato, la triade non è un vezzo numerico, ma una matrice di ruoli. Una triade efficace tende a:

•articolare una dialettica interna: per esempio razionalità / impulso / mediazione;

•esplorare tre posizioni rispetto a un tema (per esempio: fede, scetticismo, cinismo);

•distribuire funzioni: motore dell’azione, coscienza morale, specchio del lettore.

Pensate alle vostre triadi come a sistemi dinamici: se togli un elemento, che tensione narrativa si perde?

Struttura in tre atti: osservazione, non dogma

La divisione in tre atti (impostazione, sviluppo, risoluzione) non è un’invenzione di Hollywood, ma una formalizzazione di uno schema già riconoscibile nella poetica aristotelica e negli studi di narratologia. 

L’articolo di Writers.com insiste su un punto importante: la struttura in tre atti è descrittiva, non normativa. Non dice come “bisogna” scrivere, ma rileva che le storie efficaci presentano:

1.una fase di esposizione e innesco;

2.una fase di complicazione e trasformazione;

3.una fase di climax e conseguenze. 

Per uno studente avanzato, la domanda non è “uso i tre atti, sì o no?”, ma:

•come posso sfruttare il tre come scala analitica per controllare il respiro del testo (tre movimenti principali, tre snodi di trasformazione, tre variazioni di un conflitto)?

 

La regola del tre, letta in questo modo, non è un orpello stilistico, ma una griglia di progettazione. Permette di orchestrare ritmo, memoria e significato su più scale del testo.
Per uno scrittore avanzato, il passo successivo è non limitarsi a “mettere tre cose”, ma capire quali tre, in quale ordine, con quale funzione nel sistema complessivo dell’opera.

Articolo di Valter Carignano

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